Perché seguire un modello?

Rispondo qui a un interessante commento al post dell’8 marzo ricevuto sulla mia pagina Facebook a proposito dell’usare o meno modelli. (Lungo e verboso.)
Il cardigan In my Tree
Il cardigan In my Tree

“Il problema lo vedo a monte: perchè si usano i modelli? Una volta imparato a lavorare non è meglio realizzare qualcosa come piace a noi?” chiede Emanuela nel commento.

Partiamo dal concetto che una minima struttura la devi avere nel tuo lavoro: non necessariamente un modello definito, ma almeno una ricetta, cioè una struttura che ti dica a che punto sei del tuo lavoro e come procedere grossomodo. Se hai letto Ai ferri corti, nei capitoli 12-14 ho incluso proprio una di queste ricette, altre ricette le trovi su Knitting from the Top e su Knitting Workshop. Una ricetta ti permette di fare del capo quello che vuoi tu, fornendoti comunque una sorta di inquadramento che ti guida.

Alla fine il maglione della nonna è sempre uguale a sé stesso
Metti un punto, togli un punto, alla fine il maglione della nonna è sempre uguale a sé stesso

Ora, una delle obiezione che sento ogni tanto è “Mia nonna faceva un sacco di maglioni e non usava mai modelli”. Be’, pure la mia, il fatto è che alla fine faceva sempre lo stesso maglione. Aveva, in altre parole, memorizzato una ricetta, una formula che in base al filato disponibile le permetteva di produrre un maglione. A volte lo faceva più ampio, a volte più attillato, a volte ci metteva delle trecce, a volte dei punti traforati; alla fine però era sempre lo stesso maglione con le maniche a giro e senza sciancratura. Ma mia nonna, però, è del 1931: è cresciuta in un altro tempo, un tempo in cui ci si aspettava che tutte le donne avessero le competenze necessarie per produrre capi indossabili, dato che questo era il modo più economico per vestirsi.

Camaro di Tanis Lavallee
Camaro di Tanis Lavallee

Noi abbiamo aspettative diverse dal lavoro a maglia: vogliamo capi originali, capi che non possiamo trovare nei negozi, siamo disposte e disposti a pagare di più di quanto pagheremmo nei negozi, comprando filati di valore, per avere il nostro magnifico maglione fatto esattamente come vogliamo noi. Sfogliamo Ravelry, ci innamoriamo di un capo e lo vogliamo uguale, esattamente come passeggiamo tra le vie delle vetrine e scegliamo cosa comprare. Non solo: la nostra spinta non è più l’esigenza di vestirci (per quello ci sono i grandi magazzini) bensì di divertirci a fare la maglia e sperimentare sempre cose nuove. Non necessariamente tutti coloro che hanno la passione per i ferri (o per l’uncinetto ecc.) hanno la pazienza di studare a monte le soluzioni tecniche per ottenere le varie soluzioni. Per molti e molte, la soluzione migliore per avere un maglione con uno sprone molto colorato è andare a ravanare su Ravelry e scoprire Camaro, comprare la quantità necessaria di una pura lana che si lavori a 21 m per 10 cm e avviare la propria taglia: niente conti e niente sbattimenti. È diritto di chi lavora a maglia scegliere questa strada.

Il cardigan Twenty Ten
Il cardigan Twenty Ten

Non è la via di tutti: per altre persone è comunque più piacevole ideare i propri capi in autonomia, seguendo ricette che facilitano questo percorso ma dando al capo la propria personalità, usando i propri punti preferiti, dando loro la forma che meglio si adatta al proprio corpo o al proprio gusto, integrandoci suggestioni che vengono dalle passerelle, dalle vetrine e anche dai modelli di Ravelry. Ecco che i modelli rientrano dalla finestra: comprare un modello serve anche a questo: studiare le istruzioni del Twenty Ten di Veera Välimäki ci può comunque servire a capire come integrare la sua interessante abbottonatura asimmetrica nel nostro futuro cardigan, magari eseguito in un filato completamente diverso, con punti completamente diversi  basato sulla ricetta per il cardigan EPS con spalla ibrida di EZ. Insomma, anche se non lavoriamo a maglia basandoci sui modelli, pure studiare i modelli alla fine è utile.

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