Nelle ultime settimane ho avuto a ché fare con un paio di casi di filato seriamente sgonfio e che mi ha richiesto e sta richiedendo un po’ di lavoro per ridargli bellezza.

Il primo è stato una matassa di AquiLANA che non era stata correttamente vaporizzata e che appariva decisamente impoverita: priva di volume, stirata come lana vecchia e inelastica. Con questa matassa ho agito molto semplicemente lavandola, dopo averla lgata in tre punti, in acqua appena tiepida con pochissimo detergente specifico. Una volta ben strizzata l’ho messa ad asciugare in piano, in modo che il peso non la stirasse, girandola ogni paio d’ore finché non completamente asciutta. La lana in questo modo ha immediatamente riguadagnato tutta la sua bellezza, la sua elasticità e il suo volume.

Più complesso il secondo caso, a cui sto lavorando ora. In questa seconda matassa (una pura lana “bitonale” ritorta a due capi) devo intervenire anche aumentando col fuso la torsione del filato. Se un filato appare, oltre che insolitamente poco voluminoso, troppo slegato, formato da trefoli che tendono a separarsi e, soprattutto, che hanno un aspetto compatto, quasi duro, è possibile che in fase di ritorcitura sia stata data troppa poca torsione al filato. Potete verificare la cosa, se avete un fuso, attaccando il filato al fuso e fermandolo: se autonomamente il fuso si mette a girare in verso della ritorcitura può essere necessario aggiungere torsione. In questo caso ho iniziato dando una lavata preliminare al filato (un megamatassone da circa mezzo chilo) e ora sto aggiungendo un po’ di torsione con il fuso turco (probabilmente un filarello o anche un fuso navaho mi avrebbero facilitata, ma nolliho!), lavorando matassine di 70-80 g per volta, quindi lavo nuovamente le matasse e ottengo un filato davvero molto bello e voluminoso, pronto per diventare un maglione. Siccome il filato ha un effetto gradient, un trocco aggiuntivo consiste nel numerare le matasse in modo da poterle poi lavorare nella giusta sequenza.