
Questo signore è Herbert Hoover, il presidente degli USA dal 1929 al 1933, un uomo dall’ego enorme e senza alcun senso dello humor, pare, ma il punto non è questo. Nato nel 1874 e di umili origini qualcchere, Hoover accumulò una discreta ricchezza lavorando come ingegnere minerario negli USA, in cina e in Europa. Allo scoppio della I guerra mondiale, residente a Londra, fu incariato dal governo USA di organizzare l’evacuazione dei cittadini statunitensi dall’Europa in guerra, operazione che svolse con efficienza, freddezza e notevole senso dell’immagine (propria). Questo lavoro gli valse in seguito l’essere scelto per l’organizzazione degli aiuti alimentari al Belgio occupato dalla Germania (mentre gli USA erano ancora ufficialmente neutrali), un’altra operazione che svolse con fredda efficienza di facciata e grande pubblicità della propria persona e azione (Churchill, che non aveva la minima simpatia per Hoover, la definì “un positivo disastro militare”, anche a fronte della pessima qualità del cibo distribuito), ma tutto sommato anche portando avanti un’abile trattativa diplomatica con la Germania. Gli exploit umanitari di Hoover non si fermarono qui, dato che nel 1927 venne incaricato delle operazioni di sollievo alla popolazione dopo la disastrosa piena del Mississipi (una piena che al confronto l’uragano Kathrina è stato un allegro scherzetto): Hoover organizzò delle tendopoli i cui abitanti spesso di ammalavano per la scarsità e pessima qualità delle razioni alimentari distribuite ma che pure lui aveva il coraggio di definire “la prima vera vacacnza di questa gente”; non so, a me ricorda qualcuno…
Il capolavoro di Hoover, in un certo senso, fu tuttavia una trovata finanziaria e diplomatica. Dopo la I guerra mondiale, sovvenne alla Società delle Nazioni di organizzare dei prestiti. Hoover, dopo l’entrata in guerra degli USA, era stato incaricato dal governo di organizzare le scorte alimentari, cosa che fece con la solita efficiente freddezza (inventando lo slogan “Il cibo vincerà la guerra”), ma con la fine delle ostilità si trovava tra le mani un capitale di cibo non più commerciabile. Appoggiandosi all’iniziativa di assistenza della Società delle Nazioni, eletto a capo dell’American Relief Administration, organizzò l’invio di ingenti scorte di cibo in Europa; ma per comprare queste scorte di cibo i paesi europei avevano bisogno di denaro, che non tutti avevano a causa delle devastanti spese causate dalla guerra. Questa situazione era resa peggiore in Germania e Austria dalle riparazioni di guerra richieste dai pesi vincitori. Lo schema di Hoover prevedeva quindi prestiti elargiti dagli USA per acquistare i beni alimentari americani. (Aka, ti dò dei soldi che tu mi ridai per comprare un mio surplus alimentare, spesso di qualità molto modesta, a un prezzo superiore a quello di mercato e poi mi resituirai i soldi più gli interessi: a casa mia si chiama truffa, ma a me ricorda anche altri piani di salvataggio interanzionali basati sul prestito di denaro.)
Quando però si trattò di far entrare anche l’Austria in questo schema di “aiuti”, la faccenda si complicò ulteriormente, dato che la legge statunitense impediva i prestiti alle nazioni ex nemiche. La soluzione fu ancora una volta un ottimo lavoro diplomatico in cui Hoover si accordò con le nazioni europee vincitrici della guerra (Francia, Inghilterra e Italia) per fare loro prestiti che poi queste nazioni potessero “voltare” a favore dell’Austria (ovviamente con tassi di interesse leggermente ritoccati al rialzo). Ma l’economia dell’Austria era ormai talmente deteriorata (con un’iperinflazione simile a quella della repubblica di Weimar) da rendere un default ineludibile: quando nel 1924 la Corona austriaca crollò definitivamente e l’Austria divenne insolvente, gli USA (governati da Coolidge) e in forte espansione economica (anche se questa era solo una bolla finanziaria che finì per mostrare la sua fragilità nel 1929) decisero di non concordare una ristrutturazione del debito con i paesi europei che avevano tutto sommato generosamente fatto da ponte verso l’Austria, insistendo perché il prestito venisse ripagato interamente. Il tutto mentre gli USA tornavano alla politica di protezionismo che impediva ai paesi europei (soprattutto a Francia e Inghilterra che avevano un’industria degna di questo nome) di fare affari con gli gli Stati Uniti, di fatto impedendo quindi a questi paesi di ottenere tranite il commercio il denaro da resitituire agli USA e che era stato usato per acquistare prodotti USA (cioè era già tornato negli Stati Uniti) e di cui comunque non avevano beneficiato che in modo marginale. Anche questo mi ricorda qualcosa.
Il racconto di questo post è ampiamente debitore alla lettura dei fatti colloquialmente proposta da Bill Bryson in L’estate in cui accadde tutto (Guanda) (in inglese One Summer: America 1927).